Beta Monocerotis: la stella tripla che non ti aspetti

L’Unicorno (in latino, Monoceros) è una debole costellazione, visibile durante il periodo invernale, che confina tra le altre con le ben più famose Cane Minore, Gemelli, Orione e Cane Maggiore. Non contiene stelle brillanti, per cui tende a passare inosservata rispetto alle costellazioni vicine ben più prominenti. Questo è un peccato, perché nell’Unicorno sono presenti molti oggetti interessanti come ammassi stellari tra cui NGC 2264 detto “ammasso Albero di Natale”, molto in tema con il periodo festivo. Tuttavia non è di questi oggetti che vogliamo parlare qui, ma di una vera e propria “gemma” della costellazione, ossia la stella Beta Monocerotis.

Beta Monocerotis (β̂ Mon) si trova a circa 600 anni luce di distanza da noi e ha magnitudine 3.74; curiosamente è leggermente più brillante di quella che dovrebbe essere la stella più brillante della costellazione, Alfa Monocerotis (magnitudine 3.94). Sebbene la luminosità apparente di Beta Monocerotis la renda osservabile a occhio nudo, potrebbe essere difficile da trovare in cieli poco limpidi o afflitti da inquinamento luminoso. Fortunatamente, in questi giorni è possibile sfruttare alcuni allineamenti favorevoli con altre stelle brillanti come Procione, Sirio e Betelgeuse.

Simulazione di parte della volta celeste visibile in direzione Sud-Est dal Nord Italia alle 22:00 di venerdì 27 gennaio 2024. Clicca qui per la mappa aggiornata tramite Stellarium Web.

L’immagine mostra la porzione di cielo in direzione Sud-Est visibile dal Nord Italia alle ore 22:00 del 27 gennaio 2024 (per la mappa aggiornata cliccare qui). Si vede come β̂ Mon si trovi circa alla stessa altezza di Procione, e circa in verticale rispetto a Betelgeuse. Questo significa che chi possiede un piccolo telescopio con montatura altazimutale (è il tipo di montatura più semplice, che consente di muovere lo strumento in verticale e in orizzontale, come nei cavalletti fotografici) potrà puntare Procione e quindi muovere lo strumento verso destra fino a quando β̂ Mon entra nel campo visivo. Alternativamente, si può puntare Betelgeuse e spostarsi verso il basso.

Ma cos’ha di particolare questa stella per meritare tutte queste attenzioni? Osservata a bassi ingrandimenti non si noterà niente di particolare, se non il solito puntino luminoso di un pallido colore azzurro o giallo (in base al telescopio che si sta usando). Ad esclusione del Sole, tutte le stelle osservate al telescopio appaiono come dei puntini.

Aumentando un po’ gli ingrandimenti, però, si nota che non è una stella singola, ma un sistema triplo composto da tre componenti denominate Beta Monocerotis A, B e C. Le tre componenti sono legate gravitazionalmente tra di loro, il che significa che sono in orbita l’una rispetto alle altre. Le stelle doppie o multiple non sono una rarità: si stima che circa metà delle stelle visibili a occhio nudo abbiano una o più compagne, visibili con un telescopio o a volte anche con un semplice binocolo.

La tabella seguente mostra le masse e le luminosità assolute delle componenti, prendendo il nostro Sole come unità di (M indica la massa del Sole e L la sua luminosità).

ComponenteMassaLuminosità assoluta
β̂ Mon A 7 M3200 L
β̂ Mon B6.2 M1600 L
β̂ Mon C6 M1300 L

Le tre componenti hanno masse che vanno da 6 a 7 volte quella del Sole, e luminosità da 1300 a ben 3200 volte quella della nostra stella!

Rappresentazione artistica di Beta Monocerotis osservata al telescopio ad elevati ingrandimenti.

William Herschel, lo scopritore di Urano, ha osservato Beta Monocerotis nel 1781, definendola “una delle più belle viste del firmamento”. La componente A è quella che appare più luminosa, e in prossimità di essa si trovano le componenti B e C molto vicine tra loro.

Non è facile separare le tre componenti: la coppia BC è separata dalla componente A da circa 7 secondi d’arco (un secondo d’arco è 1/3600 di grado, o la dimensione apparente di una moneta da 2€ che si trovi a 5 Km di distanza!), mentre le componenti BC sono separate tra loro da poco più di 2 secondi d’arco. Questo significa che occorre usare un telescopio con una buona risoluzione a ingrandimenti elevati (minimo 130 ingrandimenti, meglio 200). Fortunatamente, strumenti del genere sono ampiamente alla portata degli appassionati, come ad esempio i telescopi portatili che il Gruppo Astrofili Polesani ha acquisito un po’ di tempo fa.

Venite a trovarci in occasione delle aperture al pubblico dell’osservatorio per scoprire con noi altri sistemi stellari.