Cosa ci racconta la luce delle stelle? Quali proprietà degli oggetti celesti possiamo scoprire analizzando la loro luce? Questo è stato il tema affrontato nella breve presentazione che ha introdotto l’apertura al pubblico di venerdì 7 luglio 2023 presso l’osservatorio astronomico “Vanni Bazzan”.
Cos’è la luce? Quella che noi chiamiamo “luce” può essere considerata come un’onda elettromagnetica, ma anche come un fascio di particelle (fotoni). Per la discussione che segue ci focalizzeremo sulla luce come onda elettromagnetica
Un’onda elettromagnetica è caratterizzata da due proprietà: l’ampiezza e la frequenza. L’ampiezza è la distanza tra i “picchi” e gli “avvallamenti”; la frequenza è il numero di oscillazioni al secondo. La frequenza è legata alla lunghezza d’onda, definita come la distanza tra due picchi successivi (Figura 1).
La luce visibile è costituita dalle onde elettromagnetiche di frequenza compresa tra 420 a 750 terahertz (1 terahertz sono 1000 miliardi di oscillazioni al secondo). Ogni frequenza produce un particolare colore; inoltre, per emettere luce con un dato colore è necessaria una specifica temperatura. I colori verso il blu richiedono temperature più elevate per essere prodotti, mentre i colori verso il rosso richiedono temperature minori. La prima informazione che la luce fornisce è quindi la temperatura dell’oggetto che la emette. Nel caso delle stelle, quelle più calde sono di colore azzurro (es., Rigel, Zeta Ophiuchi) con temperature superficiali fino a 30000 gradi Kelvin e oltre, mentre quelle più fredde sono di colore rosso (es., Betelgeuse) con temperature superficiali attorno a 3000 gradi Kelvin.
Classe spettrale | Temperatura | Esempio |
---|---|---|
O | più di 30000K | Zeta Ophiuchi |
B | 10000-30000K | Rigel |
A | 7500-10000K | Sirio |
F | 6000-7500K | Procione A |
G | 5200-6000K | Sole |
K | 3700-5200K | Arturo |
M | 2400-3700K | Betelgeuse |
Per avere ulteriori informazioni, è necessario scomporre la luce nei singoli colori che la compongono. Isaac Newton ha mostrato come un prisma sia in grado di scomporre la luce producendo un arcobaleno che tecnicamente si chiama spettro. Il fisico tedesco Joseph von Fraunhofer osservò per primo delle bande nere nello spettro del Sole (Figura 3), dette linee spettrali: in pratica, ci sono alcuni colori che non compaiono nello spettro del Sole, perché vengono assorbiti dalle sostanze chimiche presenti sulla superficie e nell’atmosfera. I colori mancanti corrispondono a linee nere nello spettro solare (Figura 3), e forniscono informazioni sulla composizione chimica del Sole e in generale delle stelle.
Tutti noi abbiamo avuto a che fare almeno una volta con l’effetto Doppler: il fischio di un treno che viene verso di noi è sempre più acuto di quello di un treno che si allontana da noi; lo stesso vale per i clacson delle automobili, le sirene dei pompieri, eccetera. L’effetto Doppler non vale solo per le onde sonore, ma anche per quelle elettromagnetiche: la luce di un corpo che si avvicina a noi avrà una frequenza maggiore (quindi un colore tendente verso il blu), mentre quella di un corpo che si allontana da noi avrà una frequenza minore (quindi un colore tendente al rosso). L’effetto Doppler consente quindi di stabilire se un oggetto luminoso si sta avvicinando oppure allontanando. (Figura 4).
La presentazione non poteva che concludersi con uno dei nostri “astro attack“. Per l’occasione abbiamo realizzato con materiali semplicissimi uno strumento, detto spettroscopio, in grado di mostrare gli spettri di oggetti luminosi (il Sole, una lampadina, …).
In rete si trovano molti progetti per diversi tipi di spettroscopi “casalinghi”. Quello che realizzeremo è costituito da una scatolina che si ottiene piegando del cartoncino nero seguendo le istruzioni disponibili a questo indirizzo. Una estremità della scatolina presenta una fessura sottile attraverso la quale entra la luce; all’estremità opposta, inclinata di circa 45 gradi, c’è una finestra di osservazione sulla quale è incollata una griglia di diffrazione. che è quella che effettivamente scompone la luce nei colori che la compongono.
Nonostante il nome altisonante, è possibile costruire una griglia di diffrazione utilizzando un vecchio CD-ROM (Figura 6). Occorre innanzitutto rimuovere la pellicola argentata su cui sono memorizzati i dati. Per farlo basta prendere del nastro adesivo da pacchi, attaccarlo sulla parte superiore del CD-ROM e strappare con forza: Ripetendo il procedimento è possibile rimuovere tutta la pellicola e lasciare solo il supporto trasparente. Osservandolo con attenzione si vede come il supporto di plastica agisca come un prisma e produca riflessi colorati. Questo succede perché sulla plastica è incisa una griglia di diffrazione, che è esattamente ciò che ci serve.
Si ritaglia ora un quadratino di plastica dal supporto del CD-ROM e lo si incolla sulla finestra di osservazione dello spettroscopio. Occorre fare attenzione che le tracce concentriche del CD-ROM siano allineate (parallele) alla fessure da cui entra la luce; se questo non avviene, infatti, non si produrrà alcuno spettro e occorrerà ruotare la finestra.
Usare lo spettroscopio è semplicissimo: si punta la fessura verso una sorgente luminosa e si appoggia l’occhio alla finestra di osservazione. Se lo strumento è stato assemblato correttamente si potranno osservare degli spettri come quelli mostrati nella figura precedente; gli spettri possono essere fotografati appoggiando la fotocamera di un cellulare alla finestra di osservazione.
Si vede che non tutte le sorgenti di luce sono uguali: ad esempio, un tubo al neon emette solo alcuni dei colori dello spettro, che risultano visibili come delle bande orizzontali separate da spazi neri. Puntando lo spettroscopio verso un monitor o una TV che mostra una immagine completamente bianca, vedremo come l’immagine sia composta da soli tre colori (rosso, verde, blu). In effetti, osservando la superficie di un monitor con una lente d’ingrandimento possiamo vedere i singoli elementi luminosi raggruppati a gruppi di tre, in cui è presente un elemento rosso, uno verde e uno blu (Figura 7).
Al termine della presentazione, il pubblico è stato accompagnato nella cupola del telescopio principale e sulla terrazza osservativa, dove ha potuto ammirare alcuni oggetti dello spazio profondo sotto la guida dei nostri soci. La serata senza Luna e il cielo relativamente sereno hanno favorito l’osservazione di ammassi globulari (M3, M13, M57), stelle doppie o multiple (Epsilon Lyrae, Albireo, stella Polare) e perfino di una nebulosa (la nebulosa Laguna nella costellazione del Sagittario).
È sempre utile ricordare che le immagini osservate direttamente al telescopio sono molto diverse da quelle che si trovano in rete (ad esempio, quelle riportate qui sotto). Ad esclusione delle stelle, gli oggetti dello spazio profondo appaiono sempre in bianco e nero e sono estremamente deboli, per cui appaiono per lo più come batuffoli indistinti dei quali si può cogliere la forma osservandoli con attenzione e un po’ di pazienza. Resta tuttavia la soddisfazione di poter osservare con i propri occhi (con l’aiuto solo di qualche lente o specchio) oggetti che si trovano a migliaia di anni luce di distanza.